L’inventario delle Carte Dani

Pubblichiamo, in formato Pdf, l'inventario (con indici a parte) delle «Carte Dani», curato dall'accademico Giovanni Pellizzari, che qui sotto ne firma la premessa.

Aristide Dani - Nota biografica

di Giovanni Pellizzari
Accademico Olimpico

Queste note sono copia1 dall’originale manoscritto, già da me compilato, fra il 2010-11 con certo affannoso impegno, a più riprese, nell’arco di più d’un anno e mezzo, a corredo delle “carte Dani” donate a suo tempo dalla vedova Annamaria Braiucca all’Accademia Olimpica, e da me riordinate a mano a mano che, in grosse borse di plastica da supermercato, le trasferivo in Accademia. Fondo che va ad integrare quello, denominato “Dani- Mistrorigo”, costituito a suo tempo, per donazione, da A. Dani presso la Biblioteca Bertoliana, dov’è ordinato e consultabile con un proprio inventario.

Si badi che nella stesura dell’inventario non ho voluto, né potuto attenermi, ai canoni dell’attuale più rigorosa archivistica: mi sono largamente concesso, infatti, personali annotazioni integrative di carattere memorialistico. Così l’illustrazione di certe allusioni delle carte e l’identificazione di questo o quel personaggio e circostanza, è stata fatta sul filo insidioso, ma talora insostituibile della memoria personale. Avverto che l’intera serie delle ‘buste’ manca d’una numerazione progressiva: a cose fatte, ci si accorge che era l’ordinamento più facile ed elementare: eppure, allora , lavorando senza alzare la testa, ho finito per dimenticarmene. Così pure, nella sparsa corrispondenza, dove si configurino piccoli carteggi compatti, mi è mancata l’opportunità di ordinarli cronologicamente. Infine, non ho fatto che assai scarso ricorso a sussidi e a citazioni bibliografiche, anche elementari, ma a me accessibili allora solo a prezzo d’un tempo di cui non disponevo.

Soprattutto, mi rendo conto che un più deciso scarto del materiale versato sarebbe stato più che opportuno. Ma — che volete che vi dica? — avevo la sensazione che la selva di carte e talora di cartacce, mi chiedesse di sopravvivere nella sua integrità: se non era proprio la voce udita da Tancredi, pure una sindrome ben nota agli archivisti, specie se alle prese con archivi personali, mi ha vietato più volte di alzare la scure, almeno per dissipare la vegetazione arbustiva del sottobosco.

Ma torniamo a quest’inventario, che dunque peccherà per difetto (di rigore formale) e per eccesso: non solo di informazioni che a taluno parranno ridondanti e superflue, ma per certa soggettività emotiva, a tratti, non lo nascondo partigiana2, di chi si sapeva talora il depositario di memorie altrimenti destinate a dileguare, e però degne forse di qualche pietosa attenzione futura: non nego anzi d’essere talora sentito il morale esecutore testamentario di Aristide Dani — sentimento e impegno che male si accorda con l’abito di fredda lucidità necessario all’archivista. Però vorrei disingannare il Lettore ignaro: dal professor Dani mi separavano, più che la fede religiosa, la sua obbedienza alla Chiesa, e la dedizione a tutta prova — per me scarsamente comprensibile — alla gerarchie ecclesiastiche (e civili), nonché gli orientamenti culturali di fondo: un tutto, in Dani, inconsutile. Mi avvicinava a lui, ad alimentare una consuetudine che vorrei chiamare amicizia, un certo amore di chi scrive per le cose d’arte e ben più, al tempo della nostra frequentazione, un trasporto per la storia locale, sia pur coltivata da dilettante. Lo scrivo qui, perché chi volesse servirsi di queste annotazioni intermittenti per far luce sulla forte personalità di Aristide Dani, sappia vagliarle per quelle che sono: specchi deformanti come esse si dichiarano, svelano però forse particolarità e circostanze altrimenti ignorate o trascurate della sua figura umana e dell’ambiente vicentino a lui consustanziale. Con la sensazione – del resto non peregrina – che il vero Dani sia rimasto, se non inespresso, non realizzato appieno: il meglio, credo, lo dava nelle conversazioni private, febbrili di agnizioni e di divinazioni artistiche, che la documentazione fotografica, ch’egli sciorinava generosamente, rendeva perentorie3. O forse, a quanto mi si dice, la sua misura più piena la toccò facendo scuola.

N.B. In questi giorni medesimi, dedicati alla trascrizione informatica del presente strumento di consultazione, ho portato a termine il riordino d’un nuovo considerevole complesso di carte, trovate in casa Dani successivamente al versamento del ‘fondo’ all’Accademia: anch’esse versate dalla vedova del Professore, saranno identificabili, sotto la voce “Cassa” (più numero progressivo) , qui in appendice, e negli Indici informatici dell’Inventario, già predisposti.

Giovanni Pellizzari, gennaio 20124.

P.S. Non si cerchi, in questo grezzo strumento, il rispetto integrale delle norme tipografiche vigenti per le pubblicazioni a stampa, dei segni diacritici etc.: compiutezza formale troppo difficile o impossibile per le mie risorse tecniche di tastierista, allora, da realizzare con il mio vecchio computer; ed ora troppo fastidioso per i miei occhi e la mia pazienza. Quel che solo mi importa è che lo strumento, come mi auguro, funzioni. [2016].

1 La trascrizione non è del tutto fedele, non soltanto per avervi corretto qualche svista o sbavatura formale. Ho pure proceduto a qualche (lieve) riformulazione.

2 Del resto assai attenuata in questa tarda revisione (2016).

3 Mi concedo ancora quest'indugio: per esprimere il rammarico che tante suo foto, illustrate da lui con magnifica stringente esposizione, siano finite, insieme con la sua dottrina, in mani disinvolte (2016).

4 Nel novembre del 2016, in vista d’un inserimento di questo Inventario nel sito dell’Accademia, ho pure proceduto ad apportarvi qualche ritocco, non volendo però alterarne la fisionomia, difetti compresi, che è già anch’essa ormai datata, e perciò traccia esistenziale d’un certo momento, ambiente, carattere. (L’originale cartaceo, consegnato nel 2011 all’Accademia, è comunque, previa richiesta all’archivista, ivi consultabile).

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