Vicenza, appunti per il Centro storico

IL QUARTO D'ORA ACCADEMICO
#iorestoacasa

di Domenico Patassini
Università IUAV di Venezia - Dipartimento di Culture del progetto

Il Centro storico di Vicenza oggi.
Appunti per un piano di rigenerazione (prima parte)

Il Centro Storico di Vicenza è argomento centrale dell’agenda culturale, urbanistica e territoriale vicentina. L’interesse culturale è confermato da studi e ricerche dell’Accademia Olimpica e del Centro Internazionale di Studi di Architettura ‘Andrea Palladio’, da autori come Puppi, Barbieri, Cevese, Giarolli, Soragni (solo per citarne alcuni), ma anche da un consistente patrimonio letterario, poetico e artistico. Questa ‘densità’ invita a riconoscere, assieme alle altre, una dimensione ‘culturale’ al nuovo piano per il Cs.
La centralità urbanistica e territoriale del Cs è indiscussa. La città di Vicenza è il quarto polo dell’area metropolitana centrale della Regione Veneto e del suo ecosistema di relazioni economiche, sociali e ambientali. Dal 2001 ad oggi, la popolazione comunale è oscillata fra un minimo di 107.000 e un massimo di 116.000 abitanti. Oggi siamo attorno ai 111.000, con un tasso di riduzione maggiore rispetto a provincia e regione. Su livello e composizione demografica influiscono saldi migratori totali negativi.
Con i suoi 6 areali interni, perimetrati nel tempo da interventi difensivi e infrastrutturali, il Cs di Vicenza è parte integrante del ‘patrimonio territoriale a valenza storico-culturale’, e ciò lo qualifica come città storica e territorio storico. Il ‘cuore’ è costituito dalle presenze monastiche e religiose medievali, dalle architetture civiche che si sono succedute dal Rinascimento ai giorni nostri: secoli durante i quali le opere di Palladio, Scamozzi e altri architetti si sono affiancate a quelle del ‘700, ‘800 e ‘900. Ma un contesto così ricco ospita solo il 10% della popolazione comunale, con una perdita annua assoluta di circa 100 unità. Siamo oramai a 1/3 rispetto al potenziale insediativo residenziale che a metà degli anni ’60 i progettisti Coppa e Papesso stimavano attorno alle 30.000 unità e che stava alla base del loro progetto di tutela, riqualificazione e rigenerazione.
L’alleggerimento di popolazione appartenente a classi attive e il trasferimento di funzioni strategiche (ad elevato valore aggiunto e dotate di considerevole effetto moltiplicativo) sono processi che indeboliscono la base economica del Cs e delle zone contigue. Se non controllati, questi processi rendono più incerte, complesse e costose le strategie di rigenerazione.
La valorizzazione immobiliare di tipo finanziario genera fenomeni di sostituzione e di riappropriazione di natura distributiva e turistica, con effetti distorsivi di breve e lungo periodo sul mercato immobiliare (in particolare su prezzi, fitti e diponibilità), oltre che sugli usi. Un effetto addizionale è la tendenziale museificazione del Cs come sistema urbano, con enfasi sulla inerzia patrimoniale dei beni architettonici e culturali in esso contenuti.
Questi beni rischiano di venire progressivamente svuotati dei loro genuini significati storici per offrirsi come ‘arredo’ e quinta di uno ‘spettacolo’ consumistico. In una generalizzata ‘perdita di memoria’, mutano gli stessi profili di valore del CS, le sue molteplici percezioni, e si indeboliscono le capacità intrinseche che il CS ha di ‘fare cultura’. Il CS può essere considerato come un ‘dispositivo di pensiero’, composto da stratificazioni e interpretazioni pubbliche che si sono succedute nel tempo, la cui omologazione non può che portare ad una triste eclissi e ad una selettiva negazione del ‘diritto alla città’.
Possono contrastare questi processi azioni specifiche su residenzialità, reti ecologiche e degli spazi collettivi, servizi, attività innovative, mobilità dolce e logistica.
Queste azioni aiutano a riconoscere strategie diverse dal passato (e in questa prospettiva il Piano ‘Coppa-Papesso’ è già storia), in certa misura diverse anche dalle formali e discutibili procedure definite dalla legislazione regionale e dai relativi atti di indirizzo in materia urbanistica, di rigenerazione urbana e consumo di suolo. Il nuovo piano del Cs non può essere ridotto alla mera dimensione attuativa (o degli interventi), perché é risorsa territoriale fondativa di un assetto territoriale più vasto. È, in questa accezione, un fattore che aiuta a definire disegni e scenari di assetto. Nella fattispecie, il Codice dei beni culturali e ambientali aiuta a riconosce il Cs non soltanto come complesso ‘bene pubblico’, ma come processo vitale di produzione di un bene comune e collettivo.
La società reticolare odierna è molto diversa da quella in cui è maturato il piano ‘Coppa-Papesso’. Si tratta di una società i cui gradienti analogico-digitali stanno modificando radicalmente i rapporti fra fissità fisico-funzionale (stock edilizio e infrastrutturale) e movimenti di persone, merci e informazioni (flussi e logistica). L’aggiornamento di questi rapporti riconosce ai movimenti (e ai loro itinerari) capacità di generare luoghi, creando tensioni e opportunità sia sul versante pubblico che su quello privato. Le tensioni possono ridursi a congestioni o carichi urbanistici eccessivi, usi impropri, così come alla marginalizzazione di aree di pregio; mentre le opportunità rinviano a possibilità di riconoscere valori e luoghi con l’aiuto dello stesso linguaggio digitale.
Le istanze, i principi di salvaguardia e di tutela dei molteplici valori del CS vanno rinforzati e aggiornati rispetto alle dimensioni ‘igienico-sanitarie’, ‘costruttive’, ‘tipo-morfologiche’ e ‘funzionali’ presenti nel PPE ‘Coppa-Papesso’, in particolare nelle Norme Tecniche e nel Regolamento relativo all’arredo urbano. Il rinforzo di questi principi può avvenire in modo puntuale e vincolistico, ma soprattutto riconoscendo il CS come ‘sistema’, come sovrapposizione di impianti urbanistici dotati di specifico ‘netto storico’ e come parte integrante di una armatura storico-culturale, ecologica e di accesso a valenza territoriale. Il sistema archeologico è riconoscibile in questo contesto e le strategie di archeologia preventiva possono diventare parte integrante del piano. Per questo ‘posizionamento’ la predisposizione del nuovo piano non può che essere aperta, in decisa tensione (e non passiva convivenza) con il Piano di assetto del territorio vigente e con il Piano di gestione del sito Unesco.

Il Centro Storico di Vicenza oggi.
Appunti per un piano di rigenerazione (seconda parte)

Il Cs richiede la messa a punto di un quadro strutturale-programmatico di rigenerazione (Qsr) fondato su tre operazioni. La prima consiste nello scomporre il Cs nei suoi significati e valori stratificati, cercando di ricomporlo in un contemporaneo contesto di significati. È un modo attivo di essere nella storia e nel Cs. Con la seconda operazione si costruiscono in modo sperimentale scenari operativi. Il quadro va ancorato al patrimonio riconosciuto, ad un profilo socio-economico atteso, al relativo bilancio eco-sistemico ed energetico, ivi compresi gli interventi di adattamento climatico proposti dalle attuali strategie di sostenibilità. Con la terza operazione vengono definite nuove regole, si fa in modo che valori, significati e scenari dialoghino con la dimensione regolativa.
L’approccio areale del piano può essere confermato in quanto consente di riconoscere le ‘appartenenze’ di oggetti e funzioni di tutela. Non va tuttavia sottovalutato l’approccio reticolare che connette il CS, nella sua interezza e in sue parti specifiche, ad altre partizioni del territorio vicentino. Insieme, approccio areale e reticolare possono migliorare la classificazione di luoghi pubblici (come piazze, parchi e giardini), edifici o manufatti ‘ambientali’, orientando eventuali ipotesi di riclassificazione (art. 17 delle Norme del Piano ‘Coppa-Papesso’). Ma potrebbero anche consentire l’aggiornamento (o il superamento) del concetto di ‘comparto’ e di ‘sub-comparto’ e del suo funzionamento operativo in chiave di tutela e valorizzazione culturale (art. 10 delle Norme e rinvio all’art. 23 della L 1150/42).
Se praticata come ‘ultima istanza’, la tutela vincolistica non riesce a riconoscere i molteplici valori storico-culturali del capitale patrimoniale. Per farlo, occorre operare per scenari e sperimentazioni progettuali ispirati a principi sistemici di rigenerazione e a protocolli partecipativi e deliberativi.
L’adozione di un Qsr invita alla progettazione ‘deliberativa’, evitando di delegare a singoli ‘progetti’ compiti non pertinenti, riducendo negativi effetti incrementali, di accostamento o di giustapposizione, com’è accaduto in questi anni.
Qsr può essere articolato in portfoli-progetti a valenza strategica: a contenuto patrimoniale, di carattere puntuale, areale e/o reticolare. Ogni portfolio va valutato rispetto al suo potenziale rigenerativo, al rafforzamento di ‘armature’ (ecologiche, storico-culturali, infrastrutturali e di spazio civico) e agli impatti che genera. Ma anche rispetto alla capacità di mobilitare risorse pubbliche e private, attivare accordi di partenariato, modificare logiche perequative con parametri patrimoniali, eco-sistemici e climatici e, non ultimo, favorire la convergenza locale dell’insieme delle azioni programmatiche e pianificatorie dell’amministrazione pubblica.
Sono molti i temi di rigenerazione ancorati ai valori patrimoniali: dismissione, itinerari commerciali, servizi centrali, residenza, mobilità dolce e accesso. Vediamone alcuni a titolo esemplificativo.
Una questione socialmente ed economicamente rilevante riguarda gli itinerari commerciali e le sempre più decise influenze dell’e-commerce. Queste ultime modificano le pratiche esplorative e d’acquisto da parte dei consumatori, il marketing e l’esposizione da parte dei commercianti, così come la city logistics. L’attuale emergenza sanitaria accentua queste tendenze. Sono rilevanti gli effetti su movimentazione, stoccaggio, vetrine e spazi di vendita, sulla associazione del commercio ad altre attività, ma anche sulle nuove incompatibilità d’uso di superfici e volumi. In questa logica va certo aggiornato l’art. 30 delle Norme e vanno valutate con attenzione le strategie di penetrazione nel Cs della grande distribuzione e delle nuove piattaforme di vendita. La crisi dei distretti commerciali e dei grandi centri distributivi sta trasformando i Cs (non soltanto in Italia) in interessanti ‘zone di caccia’ con inedite soluzioni gestionali e progettuali.
Un secondo tema rinvia alla conservazione delle funzioni amministrative, culturali (pubbliche e private), creative, di servizio collettivo di vario ordine e grado, riconoscendone la centralità e garantendo l’accesso alle categorie d’utenza interessate (vedi artt. 4 e 5 delle Norme). In questa prospettiva potrebbe essere rivista la soglia del 25% come massimo d’uso diverso dal residenziale (art. 6 delle Norme); potrebbe essere ridisegnata una rete di spazi pubblici con rafforzamento dei percorsi pedonali, la caratterizzazione delle pavimentazioni e l’adeguamento del sistema di illuminazione (Picil).
Componente vitale della rete è il sistema di verde pubblico e privato, importante anche come fattore di mitigazione delle isole di calore tipiche delle ‘piastre’ presenti nei CS. In questa ottica potrebbe essere aggiornato e reso più efficace quanto contenuto nell’art. 12 del Regolamento relativo all’arredo urbano, ove tratta di alberature, impianti arborei e floreali, orti e giardini.
Un tema strategico rinvia al rafforzamento della funzione residenziale, garantendone la mixité sociale, favorendo interventi di edilizia residenziale pubblica o convenzionata, di co- e social housing, rigenerazione delle aree dismesse e in via di dismissione. Il tema della residenza è connesso alle attività economiche che l’art. 24 delle Norme intendeva difendere purché non nocive o moleste.
L’accessibilità costituisce una questione critica risolvibile con modelli logistici (per quanto concerne le merci), mediante integrazione fra servizi di trasporto pubblico e mobilità privata e con l’adeguamento (non necessariamente l’aumento) dell’offerta di sosta su accessi strategici. Vale la pena ricordare che l’art 14 delle Norme è stato in larga misura disatteso sia con riferimento alle ‘anulari’ interne ed esterne, sia con riferimento alla estensione dell’isola pedonale.
A margine, può essere utile un riferimento all’impiego di materiali da costruzione ammissibili negli interventi manutentivi, di restauro e ristrutturazione (art. 22 delle Norme). L’impiego di questi materiali può essere oggi connesso a tinteggiature, intonaci e illuminazione, ma anche a pratiche di efficientamento energetico puntuale e di sistema.
Concludo sottolineando come la predisposizione del nuovo piano per il Cs sia una straordinaria occasione culturale per tutta la comunità vicentina, per l’amministrazione, gli operatori economico-finanziari e per le stesse istituzioni scientifiche. Non c’è occasione migliore.
Un laboratorio civico (esplorativo, dialogico e inclusivo), basato su una convenzione civica per il Cs, potrebbe consentire una originale sperimentazione sociale.

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